Oggi 27 giugno pubblichiamo un racconto scritto dalla nostra cara amica Emma, con la speranza che in Quartiere Adriano le piste ciclabili diventino una bella realtà in breve tempo
Siamo partiti in sordina, in famiglia. Fra decreti, misure di distanziamento e di buon senso, anche dopo la fine del lock down non sapevamo se fosse possibile farsi un giro in bici in città. La voglia di rimettere in moto le gambe, di risentire il vento sulla faccia, di guardarsi attorno era tanta, ma tanta anche la preoccupazione, tante le perdite ancora cocenti.
E poi, appena le misure si sono allentate, col passaparola si è aggiunto a noi chi voleva riprendere confidenza con la bici tenuta in cantina per anni, chi voleva iniziare a usarla per andare al lavoro ed era curioso di misurare Milano.
Qualcuno voleva uscire in compagnia con i figli, dopo tanto isolamento. Un amico ci ha fatto scoprire un’app per disegnare bei percorsi, un’altra amica preferiva farsi condurre – «Mi raccomando solo: niente rotaie e pavé, eh?»
Il gruppo si è fatto via via più folto, sempre fluido e informale. Appuntamento il venerdì alle 21, chi c’è c’è. Pompiamo una ruota, regoliamo un sellino, accendiamo le luci – tutti insieme, siamo allegri da vedere –, infiliamo i caschetti e via.
Nel fresco della sera, scopriamo insieme che Sant’Ambrogio è a portata di polpaccio, la Darsena e corso Como dei carnai alla Hieronymus Bosch, via Bassano del Grappa fa un po’ Notting Hill e vicino a corso di Porta Venezia c’è un laghetto con i fenicotteri rosa. Poesia nella notte.
Non ci diamo tempistiche, facciamo i flaneur. Magari troviamo Sant’Eustorgio aperta per il rito dell’Adorazione, magari optiamo per il rito laico e mediterraneo del gelato. E ci facciamo sempre anche la foto di rito, da condividere sulla chat di quello che ormai è un bel gruppetto, con tanto di nome: GiroBici via Padova.
Certo, non è tutto fantastico. Il primo pezzo della nostra via è una ciclabile per modo di dire, nel Quartiere Adriano le piste sembrano buttate qua e là da un bambino dispettoso, attraversare piazzale Loreto è una questione ispida e certe buche fanno invidia alla Fossa delle Marianne, ma vuoi mettere arrivare in Duomo senza risicare i centimetri alle auto?
Tessiamo percorsi fra strade, piazze e giardini, e per qualche ora siamo altrove, anche da noi. La città diventa a misura umana. Se comincia a piovigginare annusiamo l’odore dell’asfalto bagnato, da chissà dove arriva una folata di gelsomino, accanto ai parchi ci accarezza l’aria fresca degli alberi. Ci chiamiamo ogni tanto con i campanelli per fare la conta tra noi, ma assaporiamo anche il silenzio delle vie che in fila indiana non intacchiamo.
Quando poi torniamo indietro, ci dispiace sempre salutarci un portone dopo l’altro. Per fortuna, sappiamo che a casa ci aspetta un ultimo regalo: come si dorme bene, dopo queste sere