Un indimenticabile viaggio in treno

Oggi pubblichiamo un bellissimo testo scritto dal nostro timido socio che come sempre vuole rimanere anonimo.
Noi lo ringraziamo (anche se ci piacerebbe poter dire a tutti come si chiama 😊) e apprezziamo come sempre la sua speciale capacità di coinvolgerci e di emozionarci con le sue parole
Buona lettura a tutti !
Era l'estate del 1988. Tornavo in treno dalla puglia, al termine di una vacanza dopo un anno duro, durissimo, che mi avrebbe segnato per tutta la vita.
Il viaggio in treno per me era una gioia, vista la mia passione per quel mezzo di trasporto. Otto ore in cui controllavo gli orari, i passaggi, i cambi dei macchinisti. E facevo ovviamente su e giù per il treno. Forse, non esagero, era il momento più bello di tutta la vacanza.
Avevo solo 14 anni e avevo ovviamente le mie passioni. Tanto che leggevo (come faccio tutt'ora, a distanza di decenni) la mia rivista mensile a tema su quell'argomento.
Sapevo che era uscito il nuovo numero: nel corso degli anni avevo imparato che avrei trovato il nuovo numero in edicola il terzo martedì del mese. Ma noi eravamo ancora in vacanza e l'edicolante a cui l'avevo chiesta mi aveva guardato tipo mucca che guarda passare il treno: non sapeva nemmeno come richiederla al distributore.
Mio papà, ferroviere, mi diede un inatteso assist di speranza, mentre il treno risaliva verso nord, subito dopo la partenza dalla consueta stazione di Barletta.
Non avevano aperto da pochissime settimane la nuova stazione di Pescara e rifatto completamente tutto il "nodo" ferroviario del capoluogo abruzzese mandando in pensione la vecchia stazione di Pescara Centrale? Poiché il nuovo orario ferroviario non era ancora stato pubblicato, non avevano ancora ridotto i tempi di percorrenza guadagnati da quell'importante attivazione.
Arrivati a Pescara Centrale avevo scelto la carrozza più centrale del treno. Non appena le porte si sbloccarono, le aprii e corsi giù dal treno stampandomi a mente il numero del binario, scesi le scale a più non posso e raggiunsi il grandissimo, lucidissimo, nuovissimo e parzialmente vuoto salone della stazione. C'era poca gente per le dimensioni enorme del salone, gli sportelli della biglietteria con qualche persona in coda, un bar e soprattutto in fondo c'era lei, l'edicola!
Non credevo ai miei occhi: dopo una interminabile attesa perché venissero soddisfatti i clienti prima di me, l'edicolante mi porse una delle tre copie della mia rivista. La presi, la pagai e corsi di nuovo via, facendo il percorso inverso: il salone, il corridoio, le scale.
Col cuore in gola: da quando ero sceso dal treno era passata una eternità. Almeno 5 minuti buoni.
L'ansia che il treno fosse già ripartito lasciandomi lì era altissima. Un vero e proprio incubo, in assenza di tecnologia come i cellulari che abbiamo oggi. Come sarei tornato a casa? Quando sarebbe stato il treno successivo? Cosa mi avrebbe detto mio papà, una volta ricongiunti?
Invece il treno era ancora lì, fermo, immobile. Le porte ancora aperte. Mi buttai dentro nella prima porta disponibile.
Poi, dopo aver brevemente ripreso fiato, rimisi la testa fuori. Il semaforo era ancora rosso!
Scesi dal treno e percorsi il treno sino a raggiungere mio papà, che mi aspettava giù dai gradini del treno un paio di carrozze più avanti. E se la rideva di gusto, assieme al capotreno. Il treno era arrivato in anticipo di dieci minuti in stazione e, come sapevo bene, non poteva certo partire prima dell'orario previsto!
La battuta del capotreno mi gelò: "Ehi, ma il caffè non me l'hai portato? Guarda che facevi a tempo!". Scherzava, ovviamente. Certamente non mi avrebbero lasciato lì, in stazione. O meglio, sapevano che sarei tornato assolutamente per tempo.
Infatti, aspettammo altri cinque minuti buoni prima che il semaforo diventò verde e riprendemmo il viaggio verso Milano.
Quel numero della mia rivista preferita è, oggi, ancora lì, nella mia personale collezione. Con un ricordo allegato di valore immenso. Una esperienza unica e irripetibile!