Oggi leggiamo insieme un racconto scritto dal nostro attivissimo Vicepresidente Maurizio Gatti
Una storia incredibile ma vera (così ci ha assicurato) a cui sono stati cambiati solo i nomi e i luoghi …e noi ovviamente gli crediamo
Grazie, Maurizio : è stata davvero una bella sorpresa scoprirti anche scrittore
Non lo so perché mi sia tornato in mente questa vecchia storia, sarà il freddo fuori che non si sentiva da qualche anno, sarà la nevicata o forse il Calvados? Chissà. Sono nato a Saronno ma i miei erano calabresi, mio padre ha fatto il muratore tutta la vita, io invece ho fatto i soldi. Quanti? Diciamo che ho pagato oltre ventidue anni di galera come contributi.
Era la metà degli anni Ottanta. La lira mi girava parecchio in tasca e mi sono comprato una Ferrari Testarossa nuova di pacca, rossa, bellissima. La vede Marco, el me’ amis de vint ann, una vera calamita di guai ma è un amico vero e mi chiede di farci un giro La cosa non mi entusiasma ma gli lascio le chiavi e gli dico di non togliere il culo dal sedile. Lui, contento come un bambino la mattina di Natale, salta in macchina va sul lago trova due turiste tedesche fa il “maranza” e lascia la macchina con le chiavi dentro davanti ad un bar e uno svelto se la porta. Immagina la rabbia.
Il giorno dopo sono nella ditta che mi serviva per le “zanzate” e mi chiama uno, mi chiede 30 milioni per ridarmela. Il prezzo è giusto, devono pur campare tutti quindi dico che va bene, prendo i soldi li metto in una busta e con il treno vado all’appuntamento per lo scambio.
Quando arrivo, l’altro mi aspetta con il ferro nella cintura e prova a fare il duro: “Se hai avvisato la madama ti metto il ferro in bocca e sparo”. E no cazzo questo non lo dovevi dire a me! Commento che i soldi ci sono ma solo dopo che ho visto la macchina.
Chiamo Salva. Venite su con le bambine anche con un paio lunghe. Venti minuti e Salva arriva con altri tre su una Clio doppione, hanno cinque pistole e due kalashnikov. Adesso possiamo andare a ritirare la Testarossa. Le cose vanno tranquille e la sera parcheggio la mia macchina nel box di copertura.
Ma la storia non finisce qui. Il giorno dopo mi trovo nella ditta con Pepè, capo di una cosca della ‘ndrangheta, il boss di Quarto Oggiaro, con il quale faccio lavori di vario tipo. Ovvio che gli ho raccontato il fatto ma mentre stiamo parlando arrivano i due della Testarossa. Per sicurezza smonto un pannello del controsoffitto e tiro fuori una 357 che si prende Pepè, il quale si siede dietro la porta d’ingresso dell’ufficio, mentre io mi siedo alla scrivania di fronte alla porta. Sulla scrivania ho un piede di porco, sotto la scrivania e sulle gambe ho una doppietta a canne mozze.
I due entrano, quello del ferro, prova a far vedere che ha la “cazzimma” e mi fa duro: “Non ti sei comportato bene ieri, hai chiamato quelli duri”, il cazzone non ha ancora capito chi sono io e continua “Anche io avrei potuto chiamare quelli più pesanti avrei potuto chiedere a Pepè” io dico che non conosco nessun Pepè e lui ancora non capisce e peggiora “Quello di Quarto Oggiaro, quello che vende la polverina bianca” sento subito il click secco del cane della 357 che viene armato e Pepè sibila: “Cos’è che vendo io?”. Ovvio come è andata a finire, li abbiamo suonati, gli abbiamo tolto tutto, portafogli, orologi, macchina e li abbiamo rimandati a casa con una mano davanti e una dietro vietandogli di tornare a Saronno o a Quarto Oggiaro.