Un cane feroce, ma non troppo

Ed ecco ancora il nostro Vicepresidente Maurizio Gatti che piacevolmente ci sorprende con un altro dei suoi “fotografici “racconti
Grazie, Maurizio! Mentre leggiamo il tuo racconto sembra davvero di avere sotto gli occhi un film poliziesco
Buona lettura a tutti !
Una primavera alla fine degli anni Novanta, nell’ambito di quel programma di relazioni e contatti che la Polizia di Stato organizza e che fa sembrare il progetto Erasmus una gita oratoriana, il sovrintendente Piretti venne aggregato alla Squadra Mobile di Catanzaro.
Arrivato a Catanzaro, Piretti venne assegnato ad una squadra della Sezione Criminalità Organizzata che stava lavorando sulla ‘ndrina dei Noselli di Guardavalle e fu costretto ad ammettere che il lavoro che stavano facendo i colleghi della Mobile di Catanzaro era veramente imponente. Il lavoro durava da tempo e sembrava che non portasse da nessuna parte, le microspie non riuscivano mai ad essere attive nel posto giusto al momento giusto e i servizi documentavano che gli affiliati alla ‘ndrina quando parlavano preferivano stare all’aperto e camminavano sempre bisbigliando.
La svolta venne da un’intuizione dell’assistente capo Madonia, un siciliano trapiantato in Calabria. Durante un pedinamento alla vedova dell’ex capocosca, assassinato in auto con il suo autista due anni prima, e madre dei due capi attuali della ‘ndrina, Madonia si era accorto che la donna entrava nella cappella cimiteriale di famiglia e, pur essendo da sola all’interno, parlava a lungo.
La Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro autorizzò l’intercettazione nella cappella e gli investigatori, travestiti da manutentori, entrati nella cappella sistemarono un microfono e un microregistratore DDS nella lampada votiva. La registrazione rivelava che la donna rivolgendosi alla fotografia del marito defunto, raccontava tutto quanto avveniva in paese e quello che decidevano e facevano i due figli. La Squadra si era trovata così di fronte al dilemma di Cowentry nel novembre 1940, quando ottenere un risultato immediato avrebbe potuto compromettere la fonte delle informazioni. Vennero comunque catturati alcuni latitanti e rinvenute “casualmente” molte armi. Ma la cosa più importante era che l’indagine fece un enorme passo avanti, infatti…
La donna, la mattina, aveva raccontato al marito che, in un frantoio in montagna, sarebbe avvenuta una riunione con un importante boss latitante. Fu così deciso di organizzare una squadra di cacciatori di Calabria per intercettare il carismatico boss mentre ritornava al suo nascondiglio in un ovile. Piretti partecipò così a montare la microspia nel frantoio ma le informazioni ricevute indicavano anche questa volta che il frantoio era protetto da un cane ferocissimo. Dopo aver preso in esame diverse ipotesi fu scelta la soluzione più semplice, ovvero una polpetta di carne succulenta arricchita da abbondante sonnifero e così la microspia venne montata.
Due giorni dopo la donna recatasi di nuovo alla tomba, comunicò alla foto del marito che la riunione era stata spostata per la sera stessa in un altro frantoio, anche in questo caso le informazioni raccontavano che era protetto da un cane ancora più feroce della prima volta. Questa volta non c’era però il tempo di attendere l’effetto del sonnifero. Piretti con due uomini si diresse al nuovo frantoio portando con sé un manico di piccone sperando che bastasse a spaventare il cane.
Arrivati nell’area dell’ovile la squadra fu accolta da un abbaiare furioso, Piretti preparò il bastone proprio mentre il “cane ferocissimo” si palesava. Ecco il molosso, un meticcio poco più grande di un barboncino giunse a un passo da Piretti che grattò l’animale sul collo.
Immediatamente il cagnolino si sdraiò sulla schiena e si fece fare i “grattini” sulla pancia. In pratica l’unico problema che il cane diede fu farsi grattare per tutto il tempo in cui gli operatori montarono la microspia e la microcamera, poi soddisfatto accompagnò gli agenti mentre tornavano lungo i sentieri verso la sterrata dove si trovava la macchina.
Il vecchio boss venne, parlò, e fece ritorno alla montagna dove i cacciatori di Calabria lo arrestarono mentre stava entrando in un ovile che aveva una buca con una via di fuga verso la fiumara.
In seguito, vennero arrestati diversi esponenti della ‘ndrina, tra cui i figli del defunto capo ma per Piretti il momento più vivido dell’intera operazione fu l’incontro con il “cane ferocissimo”