Aveva la faccia triste, mi ha sorriso, salutato e … – 1 aprile 2023

Oggi il nostro caro Vicepresidente Maurizio sorprende tutti noi viviAdrianini con un racconto poliziesco che ci farà scappare più di una lacrima di commozione.
Grazie, Maurizio !
Era una giornata di novembre, più umida che fredda; l’ispettore Garlasti, coordinatore del Commissariato Sempione di Milano arrivò in ufficio poco dopo le 7, in anticipo di un’ora sull’orario di servizio… gli piaceva scambiare un saluto con l’addetto al corpo di guardia e con gli operatori delle volanti smontanti dalla notte che completavano i verbali, prendersi un thè alla macchinetta e poi leggersi tutto quanto accaduto in zona tra la serata e la notte prima dell’arrivo del resto del personale e dei rumori dei telefoni.
Nella saletta delle volanti- l’acquario come tutti lo chiamavano perché interamente a vetri- davanti al pc c’era l’assistente capo Antonio Lo Cicero, un ottimo elemento, che lavorava bene e solitamente verbalizzava gli interventi in modo comprensibile, era fermo e fissava il monitor senza scrivere. Garlasti entrò nella stanzetta: “Che c’è Antonio? Ti sei bloccato su qualcosa?”
Lo Cicero soffiò e disse che aveva un suicidio che gli pesava. “Vieni con me” disse Garlasti, “ Ti offro un thè e ne parliamo”.
Lo Cicero, già a guardarlo, mostrava quello che era: un trentenne che non era certo portato per l’introspezione bensì tutto rivolto all’azione con il suo quasi 1,90 di altezza e le spalle che gli procuravano battute tipo “Antonio oggi li potevi lasciare a casa gli spallacci da football americano”. Poi la sua storia: durante il periodo militare, come volontario in ferma breve, aveva svolto due turni in Afghanistan e uno in Iraq, propedeutici per entrare nelle Forze di Polizia.
Nell’ufficio di Garlasti Lo Cicero raccontò: “Questa notte la Centrale ci ha mandato alle case popolari in fondo perché una donna aveva segnalato una persona a cavalcioni sul ballatoio e sembrava volersi buttare. Eravamo lontani ma alle due di notte, e poi lo conosci Paolo (il suo autista della volante) quello sarebbe arrivato il tre minuti anche se al posto della 159 avesse avuto un’Ape carico di mobili. Mi sono affacciato nel cortile e ho visto una persona sul ballatoio del quinto piano. Ho chiesto a Paolo di far arrivare i Vigili del Fuoco, l’ambulanza, la guardia medica e, se c’era disponibile, il soccorso psicologico, intanto io sono entrato e sono salito a piedi. Arrivato al quinto piano lui era ancora lì ho fatto un passo e ha detto “ no” con calma. Allora mi sono fermato, ho acceso una sigaretta e gliene ho offerta una anche a lui lasciandogliela abbastanza lontana da dove si trovava ma comunque a portata di mano. Ho provato a parlargli ma lui si è voltato verso di me, aveva la faccia triste ma mi ha fatto un sorriso, mi ha salutato con la mano e si è lasciato cadere. Io ho fatto un salto sono riuscito solo a prendergli la spallina della giacca ma si è strappata e lui è caduto. Non ho potuto fare niente”.
Lo Cicero si fermo per un po’ dal raccontare poi riprese: “dopo è stato il solito delirio, Vigili del fuoco, ambulanza, guardia medica con la costatazione di decesso, poi ho svegliato il pubblico ministero che ha disposto il trasferimento della salma all’obitorio di via Celoria, attesa dei necrofori e adesso gli atti. A proposito il PM ha chiesto di riceverli via fax entro le 9,30!”.
Lo Cicero smise di raccontare ma si vedeva che la cosa gli pesava dentro quindi Garlasti propose di fare una pausa senza nulla andando al bar quella mattina serviva una caffè con una dose aggiuntiva di zuccheri.
Il mondo continua a girare sempre anche se noi vorremmo una sosta. Alle 8 del mattino, in punto, Lo Cicero era tornato ai suoi verbali e Garlasti stava completando la lettura di tutto quando squillò il telefono. Era il corpo di guardia, “Ispettore, ci sono due donne che piangono, hanno bisogno di informazioni” e Garlasti disse di indirizzarle al suo uffici
Quando le vide non c’era bisogno che le due donne si presentassero, la differenza d’età, la somiglianza tra loro, i fazzoletti in mano e gli occhi gonfi, erano la fidanzata e la sorella del suicida. Raccontarono la loro storia.
Erano state svegliate da una telefonata: il fratello si era ucciso, loro erano andate all’indirizzo ma la salma era già stata trasportata all’obitorio. Un inquilino aveva detto loro che il parente aveva parlato con un poliziotto, quindi erano venute.
Garlasti chiamò Lo Cicero che raccontò anche alle due donne quanto era avvenuto. La sorella del morto abbracciò Lo Cicero che rimase immobile. Nell’aria rimase quella frase: “Si è voltato verso di me, aveva la faccia triste ma mi ha fatto un sorriso, mi ha salutato con la mano e si è lasciato cadere”