Riflessioni ai tempi della quarantena (di F. Bianco)

Scritto da Francesco Bianco (studente, classe 2B, della Scuola Secondaria di Primo Grado Trevisani-Scaetta)

#IORESTOACASA, queste quattro parole dai primi di marzo, tormentano la mia mente. Le vedo scritte sui muri, su striscioni sventolanti da balconi e dietro i portoni delle nostre case. Queste parole hanno un significato molto importante, aiutare gli italiani a seguire le precauzioni per prevenire il contagio di questo maledetto virus, per tenerlo fuori dalle nostre case, che sono l’arma principale a nostra disposizione per sconfiggerlo. Basta infatti, che non si esca sempre, ma solo per necessità e così si può evitare di prendere il virus e di rallentare la pandemia. All’inizio non è stato facile per nessuno, abbiamo sottovalutato la potenza di questo nemico invisibile, difatti ancora oggi ne stiamo pagando le conseguenze, perché la vita è come uno sport di squadra, se sbagli qualcosa non sai mai cosa può succedere dopo. Noi che non sappiamo più stare in casa, che non abbiamo più il gusto di impastare una pagnotta, di lavorare una calzamaglia, di fare giochi di società, di stare in famiglia… Ci siamo ritrovati in un attimo ad affrontare giornate dentro le mura delle nostre case e a riprenderci pian piano quello che la società moderna ci aveva tolto. All’inizio è stata dura, la noia prevaleva su tutto, ma poi ci siamo resi conto che potevamo riscoprire e imparare cose nuove, ma solo in unico modo, restando uniti e questo è potuto accadere grazie ai social e alla voglia di reagire. I social ci permettono di studiare, di diminuire la distanza dai nostri amici e parenti, di trascorrere del tempo in allegria guardando le dirette su Instagram dei personaggi famosi che non smettono mai di fare il loro lavoro, fare allenamenti per mantenerci in forma, dato che non si può fare sport. Io addirittura avrei dovuto partecipare ad un Pellegrinaggio ad Assisi, ma ora non si può andare fuori dalla propria regione di residenza, allora domenica 3 maggio parteciperò comunque a questo Pellegrinaggio virtualmente. Però anche se i social ci permettono tante cose, io non mi sto divertendo tantissimo, soprattutto per colpa delle distanze, quelle fra i miei amici e parenti posso anche sopportale, ma la distanza che mi separa dal mio papà no!
Lui deve lavorare, qualcuno penserà, tanto poi torna a casa dopo il suo lavoro, invece no! Lui fa la guardia giurata, è dovuto andare fuori Milano e non può tornare a casa per evitare eventualmente di contagiarci. È più di un mese che non torna e non so quando tornerà, per vederlo siamo costretti a fare delle videochiamate. Mi manca tanto, più delle altre volte che andava a lavorare in un’altra città, e ci doveva restare come in questo momento, ma le altre volte non c’era l’ansia di questo virus, che ti prende all’improvviso e si insidia nella vita e te la ribalta.
Ora hai timore di tutto, dei luoghi che frequenti, delle persone che incontri e ti chiedi se sarà stato tutto disinfettato, ti chiedi se colui che hai incontrato sarà un soggetto negativo o positivo al tampone del virus, e ancora ti domandi se tutti stiano seguendo perfettamente le norme igieniche, che gli esperti ci hanno consigliato. Perché le persone ascoltano la metà e capiscono un quarto!
Questo momento è difficilissimo per tutti, ma ci sono delle persone che stanno salvando molte vite, sono gli infermieri ed i medici. Io ho degli amici che fanno questo lavoro, so quanto è difficile questo momento per loro, ogni volta che vengono in contatto con persone positive al virus sono costretti a fare i tamponi e finché non hanno l’esito vivono ore di ansia, per fortuna fino ad oggi sono sempre stati negativi.
Però penso anche agli altri medici ed infermieri, che lavorano nelle zone più colpite, dove i casi di contagio sono tantissimi e sono costretti a lavorare 24h/24h senza tornare a casa, molti di loro sono anche morti, perché infettati. Loro sono i nostri angeli custodi, i nostri salvatori, l’Italia è nelle loro mani.
La vita è questa. Niente è facile e nulla è impossibile. (citazione di “Giuseppe Donadei”).

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