Ed ecco oggi ancora un altro simpatico racconto poliziesco del nostro Vicepresidente
Grazie, Maurizio!
Buona lettura a tutti !
Nel pomeriggio del 14 agosto il dirigente della Squadra Mobile di Milano convocò l’Ispettore Caponi e lo informò di una richiesta dei colleghi della Mobile di Reggio Calabria: il fratello del capo della cosca di Roccella Jonica era latitante da oltre quattro anni dopo una condanna a 22 anni di reclusione per associazione di stampo mafioso, estorsioni e una serie di attentati; la moglie del latitante dopo la confisca della villa dove viveva era andata a vivere in una casa “ufficialmente” presa in affitto da un parente per sfuggire ad altre attività di sequestro da parte del Tribunale di Reggio Calabria. Le indagini dei colleghi di Reggio Calabria avevano evidenziato che vi erano tensioni nella cosca e che il capo aveva bisogno di un intervento del fratello latitante. Verso mezzogiorno la donna era andata a Gioia Tauro, sulla tirrenica , e aveva preso un biglietto per Milano per la mattina del giorno successivo. Caponi rispose al dirigente: “Bello, il giorno di ferragosto non avevo nulla da fare, le mogli saranno felice di non averci tra i piedi” e tornò dai 3 uomini presenti della sezione latitanti e li informò che il Ferragosto erano stati tutti invitati a festeggiare a casa del latitante.
La cosa non fece felice nessuno ma la mattina successiva i quattro, con una Fiat Punto e una Renault Clio, erano in attesa al settore arrivi dell’aeroporto di Linate con le fotografie della donna e del latitante e avevano una sola preoccupazione: con quelle tre macchine in giro sarebbe stato un problema fare un lungo pedinamento soprattutto nel caso in cui la donna fosse stata prelevata all’aeroporto da qualcuno e portata nelle campagne lodigiane dove, ammesso che fosse possibile, il traffico era ancor più rarefatto che in città e loro non avrebbero potuto contare sulla conoscenza delle strade. Si accordarono che avrebbero cercato di capire la direzione presa e si sarebbero subito separati lasciando a Caponi con la punto la prima parte del pedinamento per poi farsi rilevare da Rossello con la Clio.
La prima fase, svolta con l’aiuto dei colleghi della Polaria, fu semplice: la moglie del latitante venne agganciata già quando scese dal bus che la trasportava al gate dall’aeromobile appena atterrato da Reggio Calabria, al varco arrivi era attesa da un uomo che la salutò calorosamente ma che non era il marito, uno degli operatori fece a tempo a sentire che l’uomo pronunciava la parola “Cremona”. Poi i due si diressero al parcheggio dove salirono a bordo di una Audi A4 station wagon e si mossero in direzione della rete stradale verso il sud est milanese. Mentre Caponi li seguiva cercando di non farsi vedere Rossello prese un’altra strada e correndo si diresse verso la provinciale 415 per Crema. Quando l’Audi con la moglie del latitante imboccò la provinciale 415 per Crema Caponi sollecitò Rossello a raggiungerlo e rilevarlo nel pedinamento. Rossello commentò: “anche noi siamo sulla 415, arriviamo”. Dopo un paio di minuti Caponi, trattenendo una feroce imprecazione, chiese a Rossello se si fossero fermati a prendere un aperitivo ma l’assistente rispose che stavano correndo a oltre 150 e non capivano come non fossero ancora riusciti a raggiungerli. Caponi replicò in questo momento abbiamo un distributore Agip sulla destra e un rivenditore di mezzi da cantiere con diverse gru sulla sinistra, Rossello replicò: “abbiamo corso troppo, siamo avanti a voi di almeno 5 chilometri vi aspettiamo allo svincolo”.
Dopo quell’intoppo il pedinamento proseguì senza problemi per molti chilometri fino alla provincia di Cremona poi, nella campagna, l’Audi lasciò la provinciale e si infilò in una serie di stradine fino a una cascina totalmente isolata. A quel punto Caponi disse “sicuramente qua la donna si incontrerà con il marito ma aspettiamo di vederlo metti mai che sia andato a prendere i pasticcini per il pranzo di ferragosto!” così piazzarono le due macchine: l’assistente Rossello con il suo autista era parcheggiato vicino al cimitero del paese mentre Caponi con il suo autista si erano appostati in un campo di grano con un binocolo. L’attesa era pesante con la canicola della bassa padana. Finalmente, verso mezzogiorno, un po' di fortuna nella cascina avevano iniziato a imbandire la tavola sotto il portico della cascina e, era ora, dalla casa, uscì il latitante che, abituato a farsi servire, lasciava alle persone che erano con lui il compito di preparare.
Caponi ordinò l’intervento e Rossello arrivò in auto sull’aia mentre Caponi e l’autista sbucarono armati dal campo di grano. Il latitante venne subito bloccato e questi si portò le mani al petto emettendo un suono strozzato e facendo uscire dalla bocca una bava bianca, risultato la moglie urlò. Caponi la mandò in casa a prendere un bicchiere d’acqua poi piantò un manrovescio al latitante e gli sputò in faccia: “Coglione, se adesso tu insisti a fare il morto noi ti portiamo in ospedale passiamo tutta la giornata là, poi questa sera ti dimettono e ti portiamo a San Vittore e senza neppure lo spazzolino da denti e ti faccio avere una settimana di divieto di colloqui con i familiari, se invece guarisci noi facciamo la perquisizione e tua moglie ti prepara la borsa con tutto e ci fermiamo pure a comprare una stecca di sigarette poi di portiamo al carcere di Cremona che, paragonato a San Vittore è una pensione per famiglie”. La donna arrivò di corsa con il bicchiere d’acqua e il latitante prese la sua decisione dicendo: “mi sento meglio, sarà stato un calo di pressione per il caldo”.
Le attività filarono lisce: avviso alla stazione Carabinieri e, dopo la perquisizione, un salto in Questura a Cremona per il fotosegnalamento e i verbali, avvisi a magistrati di turno avvocati e superiori poi la consegna al carcere dell’ex latitante. Ormai si era fatta sera e, prima di partire per Milano il tempo per una pizza. Mentre stavano cenando uno degli agenti commentò “però, capo con la solo imposizione delle mani hai guarito un infarto incombente, sei il re dei pranoterapeuti” e Caponi invitò tutti a non parlare troppo di quella vicenda.
L’indomani Caponi andò nell’ufficio del Dirigente per parlare dell’attività “agostana” il capo della mobile si complimentò e mentre l’ispettore stava per lasciare l’ufficio il dirigente commentò “In ogni caso ispettore, lei ha un futuro come pranoterapeuta!”
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